Inaugura sabato 26 novembre alle 17 alla MLB Maria Livia Brunelli di Ferrara la mostra “Isola” di Simona Ghizzoni (Reggio Emilia, 1977), fotografa, artista visuale e attivista per i diritti delle donne, Presidente quest’anno della giuria europea del World Press Photo, che ha vinto per ben due volte.
In esposizione, per la prima volta riunite, un nutrito numero di opere della serie "Isola", realizzate nell’arco di tre anni e in diverse località: scatti intimisti, di grande poesia, che vedono l’artista immersa nella natura. Si va dall’autoritratto nelle vesti di Ofelia, a quello dove la minuscola figura dell’artista si staglia sullo sfondo scuro di un vulcano come a evocare la memoria di un sublime romantico; dai paesaggi notturni illuminati dalle lucciole agli interni domestici silenziosi dove tutto sembra in attesa. Nelle nature morte l’effetto è fortemente scenografico: rimanda a Caravaggio, a Zurbaran, ma a volte il memento mori si unisce al quotidiano con sorprendente ironia.
La serie, premiata a Fotografia Europea 2022, nasce dal racconto di un cambiamento di vita improvviso e non previsto: il 12 marzo 2020, con l’avanzare della pandemia e la chiusura totale del Paese, Simona Ghizzoni decide di trasferirsi con tutta la sua famiglia da Roma in una piccola località sull’Appennino reggiano nella casa che apparteneva ai nonni materni e che diventerà rifugio per quei mesi così stranianti. Il progetto nasce dalla contingenza e dall’urgenza di mettere in immagini il vissuto, ma è proseguito poi in Lazio e in Sicilia e prosegue tuttora come ricerca e riflessione sulla relazione con la natura.
“Questo lavoro – racconta l’artista - è iniziato da una necessità, da un momento di difficoltà, ma non è un lavoro che parla del lockdown: è un lavoro che, attraverso autoritratto, staged photography e immagini di documentazione quotidiana, parla di me, della mia famiglia e della relazione che ho con le mie origini. Vengo da una famiglia contadina dell'Appennino Emiliano, la cui vita stessa è dipesa dalla natura, una natura di cui per anni ho sentito con dolore la lontananza. Quando è stato annunciato il lockdown ho deciso di trasferirmi con la mia famiglia attuale nella casa che fu dei miei nonni, in mezzo a quelle montagne che da sempre mi hanno restituito un senso di pace e sicurezza. Una parte delle immagini esposte racconta proprio quei primi mesi che sono stati per noi l’inizio di una nuova ricerca di vita più vicina agli elementi naturali”.
“Isola” è un lavoro che accompagna le giornate dell’artista da tre anni, perché, dopo l’Appennino reggiano, Simona Ghizzoni ha lavorato in Sicilia e infine in Lazio, nelle campagne che circondano la riserva del Tevere-Farfa. Il fiume è particolarmente presente nei suoi scatti, da un anno a questa parte, perché, spiega, “la relazione con l’elemento acqua è diventata sempre più importante e significativa per me. L’acqua è simbolo di fertilità e collega la fertilità della terra a quella dell’essere umano, elemento imprescindibile della vita. Mi immergo spesso nelle acque del fiume, in tutte le stagioni: è un momento di quiete e riconnessione che mi dona ogni volta nuove ispirazioni”. L’altro elemento ricorrente è il bosco, da sempre centrale nel lavoro di Simona Ghizzoni, come luogo reale di benessere, ma anche come luogo immaginario delle fiabe. Ci si avventura nel bosco per attraversare ciò che non si conosce e si diventa parte, entrandoci, del mondo del selvatico. “Il selvatico è infatti uno dei temi che più mi sta a cuore – racconta Simona Ghizzoni -, come relazione tra umano e animale: è una soglia, che rimanda alle origini ancestrali”.
Infine ci sono le nature morte, elemento nuovo del suo lavoro. Gli oggetti che compaiono nelle opere sono sempre raccolti fisicamente dal giardino dell’artista, oggetti “minori”, frutti, fiori, come forma di gratitudine verso ciò che troviamo spontaneamente, ma spesso sono mescolati con elementi umani (ad esempio i giocattoli del figlio).
Un inno alla natura dove ogni immagine è sapientemente realizzata con tempi di attesa lunghissimi: le luci sono sempre naturali, e per ricreare gli effetti voluti l’artista può aspettare anche l’intera giornata, finchè i raggi del sole non illuminano gli elementi da lei scelti come desidera. Un senso di attesa e di meditato silenzio che rapisce l’osservatore, invitato a entrare nell’intimità domestica come a indagare con complicità meraviglie naturali che ammaliano per la loro spontanea bellezza, riportandoci a ricordi d’infanzia e a sapori perduti.