In occasione del “Festival di Internazionale 2024”, alla MLB Gallery di Ferrara, con la collaborazione di Manuela Gandini, inaugura un progetto curatoriale inedito di riscoperta e rilettura del lavoro dell’artista storica Milli Gandini, tra le fondatrici del Gruppo Femminista Immagine di Varese nel 1974, a confronto con le opere dell’artista Anna Di Prospero. L’indagine domestica è al centro della riflessione di entrambe, in tempi e spazi diversi. Quella Casa, titolo della bi-personale, è l’involucro universale di sentimenti, violenze, gioco, rivoluzioni e relazioni. Ciascuna delle artiste, generazionalmente lontane, adopera i propri vissuti per specifici linguaggi artistico/identitari. Milli Gandini, negli anni Settanta, rivendica il salario al lavoro domestico e trasforma gli strumenti di sfruttamento delle mansioni femminili in opera. Organizza convegni, scrive documenti e dipinge le pentole nelle quali ha sempre cucinato prima di chiuderle con il filo spinato. Smette di preparare le pietanze anticipando Glovo e coltiva duchampianamente la polvere. Non pulisce casa per mesi e, quando l’appartamento è abbastanza sporco, fotografa una compagna di lotte che posa per una performance, senza pubblico, scrivendo su mobili, piatti e scaffali lo slogan “Salario al lavoro domestico” accanto al simbolo femminista. I messaggi sono generati dalla sofferenza inflitta da un patriarcato che si sta sgretolando. Con “Pensieri d’Agosto a Milano” (1985) - serie presentata per la prima volta in galleria - l’artista, fotografata da Carla Cerati, dichiara sfrontatamente la conquista della propria autonomia oltre le pareti domestiche. Se per Milli Gandini la macchina fotografica è un’arma per una rivoluzione linguistica, per Anna di Prospero, cinquant’anni più tardi, è uno strumento di rivelazione. Nello scorrere del quotidiano, la giovane artista, affrontando diverse serie tematico/esistenziali, fotografa ossessivamente soggetti rispettivamente legati a luoghi e persone: la casa, l’esterno, i famigliari, gli sconosciuti, i microcosmi e il Cosmo. In tutti questi casi, il suo obiettivo sottolinea il magico che si sprigiona dal dipanarsi delle ore, soprattutto notturne. Cosa avviene in Quella Casa? La serie fotografica Astray - quarto capitolo del progetto Beyond the Visible, in mostra in galleria - è un viaggio visivo ispirato a momenti di cambiamento e trasformazione, realizzato in una dimensione sospesa. Sono finestre su mondi interiori e apparentemente minori, dove realtà e immaginazione si uniscono. Si avverte però un’inquietudine di fondo tra gli arredi e i mobili scelti a puntino per una casetta modello. Ogni opera di Anna Di Prospero è una storia a sè che implica il perdersi per poi ritrovarsi. E’ un progetto di relazione con i mondi. Abbracciare l'ignoto e l'incertezza diventano passi cruciali per l’incessabile e avventurosa ricerca interiore che guida l’artista oltre il quotidiano.
In occasione del finissage della sua mostra, prorogata dopo la pausa estiva, sabato 21 settembre alle 17 verrà presentato alla MLB Gallery di Ferrara "Come addomesticare un umano", edito da Giunti. A conversare con l’autrice sul libro - un fenomeno editoriale tradotto in 14 lingue - sarà Valentina Lapierre, curatrice culturale e fondatrice della libreria “La Pazienza”. Il volume, impreziosito dalle illustrazioni di Andrea Ferolla e dalla prefazione di Daria Bignardi, è un vademecum felino, un diario di viaggio nel mondo degli umani scritto dal punto di vista di un gatto sapiente per istruire i suoi simili che aspirano a instaurare un rapporto con un appartenente alla famiglia delle grandi scimmie, condividendo casa ed esistenza. Babas svela tutti i segreti dell’arte millenaria con cui i gatti ci scelgono, ci conquistano e finiscono per addomesticarci, e offre al lettore un resoconto ironico e divertente, ma anche profondo e introspettivo, sulla relazione tra felini ed umani. “Noi sappiamo come trattare questi bipedi che, in realtà, sono piuttosto semplici da ammaestrare. Dormirgli addosso, costringendoli lungamente a posizioni scomode; condurli passo passo al mobile dei croccantini; svegliarli nel cuore della notte senza ragione apparente: dietro queste e altre azioni che potrebbero sembrare casuali si celano precise tecniche di domesticazione. E, se avrete la ventura di poter addomesticare il vostro esemplare fin da quando è un cucciolo, potrete guadagnarvi il migliore, più fedele compagno che si possa desiderare”. Un libro che nasce dal grande amore di Babas per i gatti: non poteva concludersi al meglio quindi la mostra, intitolata "Mille innamoramenti". Tra le opere esposte, un mandala scritto a mano riunisce più di “mille innamoramenti” dell’artista: tutte quelle persone, personaggi, libri, luoghi, animali, scrittori, canzoni che le hanno fatto battere il cuore. Un ricamo bianco su bianco evoca, come in un sussurro, una frase d’amore. I ritratti di famiglia hanno per protagonisti, a sorpresa, solo i bambini. Le ironiche medaglie al valore sono un necessario tributo per chi si è innamorato e ha sofferto, perché, dice Barbara, “le pene d’amore lasciano cicatrici che sono come decorazioni”, testimonianze di ferite a cui siamo sopravvissuti. È l’ironia ancora una volta a venirci in soccorso, insieme al grande stupore per la bellezza del creato, che in maniera surreale fa incontrare una donna e una giraffa davanti a un paesaggio da favola, e fa sentire loro che "Malgrado tutto, era un mondo meraviglioso". E poi ci sono i "Retablos", dove l’attenzione è portata su dettagli microscopici. Protagonisti e storie sono catturati dentro piccole scatole magiche che generano stupore: i diorami, ispirati agli altari domestici della tradizione messicana, sono come wunderkammer portatili. Attraverso scene tridimensionali raccontano eventi topici, incontri che cambiano la vita, personaggi e allegorie fermati in un istante e messi a fuoco dal titolo. Come nell’opera in mostra Amore a prima vista: il colpo di fulmine tra due creature così lontane tra loro - una zebra e un pinguino – che però riconoscono immediatamente la propria affinità.

Inaugura sabato 23 marzo alle 17, alla MLB Maria Livia Brunelli Gallery a Ferrara, “Mille innamoramenti”, la mostra di Barbara Capponi, in arte Babas, ispirata all’esposizione di Palazzo dei Diamanti che ha per protagonista il geniale artista olandese Maurits Cornelis Escher.

Scrive di lui Marco Bussagli: «L'arte di Escher nasce dalla capacità di lasciarsi stupire, meravigliare dalla realtà e dalla natura, viste attraverso la lente deformante e pure rigorosa della geometria. E dell’ironia, presente nei suoi lavori più di quanto non si noti». Il senso della meraviglia, il profondo amore per la natura, continua fonte d’ispirazione, e l’ironia sono anche alla base della poetica di Barbara Capponi. Attraverso l’utilizzo sapiente di questi elementi entrambi gli artisti danno vita a sorprendenti mondi immaginari.

Voglio trovare la felicità nelle cose più piccole, come una pianta di muschio di due centimetri che cresce su una roccia e voglio provare a lavorare su quello che desidero fare da tanto tempo: copiare questi soggetti minuscoli nel modo più minuzioso possibile…”, scrisse Escher, e sembra di sentire in queste parole la stessa intensità che anima i Retablos di Barbara Capponi, dove l’attenzione è portata su dettagli microscopici. Protagonisti e storie sono catturati dentro piccole scatole magiche che generano stupore: i diorami, ispirati agli altari domestici della tradizione messicana, sono come wunderkammer portatili. Attraverso scene tridimensionali raccontano eventi topici, incontri che cambiano la vita, personaggi e allegorie fermati in un istante e messi a fuoco dal titolo. Come nell’opera in mostra “Amore a prima vista”: il colpo di fulmine tra due creature che abitano agli antipodi - una zebra e un pinguino - ma riconoscono immediatamente la propria affinità.

E proprio al concetto di amore è dedicata la mostra. Un mandala scritto a mano riunisce più di “mille innamoramenti” dell’artista: tutte quelle persone, personaggi, libri, luoghi, animali, scrittori, canzoni che le hanno fatto battere il cuore. Un ricamo bianco su bianco evoca, come in un sussurro, una frase d’amore. I ritratti di famiglia hanno per protagonisti, a sorpresa, solo i bambini. Le ironiche medaglie al valore sono un necessario tributo per chi si è innamorato e ha sofferto, perché, dice Barbara, “le pene d’amore lasciano cicatrici che sono come decorazioni”, testimonianze di ferite a cui siamo sopravvissuti.

E’ l’ironia ancora una volta a venirci in soccorso, insieme al grande stupore per la bellezza del creato, che in maniera surreale fa incontrare una donna e una giraffa davanti a un paesaggio da favola, e fa sentire loro che, “Malgrado tutto, era un mondo meraviglioso”. Con uno sguardo simile Escher si rivolge al mondo, quando afferma: “Colui che cerca con curiosità scopre che questo, di per sé, è una meraviglia”.

INSIDE-OUTSIDE.

Due artiste allo specchio: Milli Gandini e Simona Ghizzoni + un film di Sergio Racanati

MLB Gallery, Arte Fiera Bologna.

Per Arte Fiera Bologna 2024, Maria Livia Brunelli della MLB Gallery di Ferrara, con la collaborazione di Manuela Gandini, propone un progetto curatoriale inedito di riscoperta e rilettura del lavoro dell’artista storica Milli Gandini in un audace confronto con le opere dell’artista attivista contemporanea Simona Ghizzoni. In entrambi i casi, la metamorfosi del corpo, del ruolo e delle identità femminili sono al centro della speculazione filosofica e politica delle due artiste in tempi e spazi diversi.

Due generazioni lontane, accomunate dal fil rouge dell’arte come dispositivo di trasformazione coscienziale, politica e sociale. Milli Gandini - che con Mariuccia Secol è tra le fondatrici nel 1974 del Gruppo Femminista Immagine di Varese - decise di non spolverare più, non lavare i vetri, non pulire i pavimenti. Quando la casa fu sufficientemente sporca, tracciò il simbolo femminista sulla polvere e scrisse lo slogan “salario al lavoro domestico” su finestre, mobili e scaffali. Chiese a una compagna del gruppo di posare per una serie di scatti fotografici, trasformando la casa (INSIDE) in un terreno di lotta femminista, in un manifesto, in un’opera. Poi prese le pentole nelle quali aveva cucinato fino ad allora e decise di chiuderle con il filo spinato, dopo averle dipinte con smalti multicolore.

Il Gruppo Immagine è stato il primo gruppo femminista ad essere invitato alla Biennale di Venezia del 1978, a cui è seguito il gruppo di Mirella Bentivoglio pochi mesi dopo.

La pratica politica e artistica del movimento varesino si fondava sulla rivendicazione del salario al lavoro domestico e la richiesta di riconoscimento da parte dello Stato dell’enorme, incessante carico di lavoro femminile, invisibile e svalorizzato. La peculiarità della lotta decennale intrapresa dal gruppo - composto da Silvia Cibaldi, Milli Gandini, Clemen Parrocchetti, Mariuccia Secol, Mariagrazia Sironi - consiste nell’utilizzare le pratiche dell’arte, e non solo di autocoscienza e rivendicazione, per incidere politicamente a livello teorico ed espositivo, anche nelle maggiori sedi istituzionali europee.

Il gruppo adotta lo slogan “La mamma è uscita”, una sorta di manifesto politico e statuto esistenziale di cui la MLB Gallery presenta un distillato di dieci fotografie in bianco e nero “della polvere” e tre collage di Milli Gandini raffiguranti “pentole e scolapiatti inusabili”, a sancire la perenne attualità di istanze rimaste senza risposta.

Si aggiunge dunque un altro tassello alla ricostruzione di quel periodo storico, per decenni dimenticato, iniziato con la mostra Il soggetto imprevisto. 1978 Arte e femminismo in Italia, curata da Marco Scotini e Raffaella Perna ai Frigoriferi Milanesi nel 2019, dove Milli Gandini compare tra le figure eminenti dell’epoca.

Di Simona Ghizzoni, che incarna la generazione della terza ondata del femminismo, vengono presentati quattro corpus di lavori che tracciano il percorso evolutivo dei suoi progetti fotografici, poetici e politici. In Between (2006) una donna evanescente a filo d’acqua, in un panorama alla Tarkovskij (OUTSIDE), inaugura un viaggio interiore verso la propria essenza critica. I ruderi, l’umidità, la campagna e i boschi ereditati dalla linea materna dell’artista sono sfondo e centro dell’opera. Silenzi siderali e feconde solitudini diventano entità palpabili del paesaggio.

“Il paesaggio infatti – afferma Ghizzoni – è il mio autoritratto”, è l’ estensione del suo corpo e dei suoi sensi ai regni animale, vegetale e minerale; è il ripristino simbolico della relazione con il vivente-non-umano che, come umanità, abbiamo tranciato. L’identità individuale e il rapporto perduto con la terra accendono la riflessione di Ghizzoni che, attraverso i suoi set, cancella i confini. La donna, dall’abito rosso, non è più Inside, come negli anni settanta, ma Outside e cerca l’anello di congiunzione con gli ecosistemi.

Se la letteratura eco-femminista denuncia la violenza sul corpo femminile come appartenente al medesimo atteggiamento predatorio dell’uomo nei confronti della terra, l’opera di Simona Ghizzoni ne sintetizza visivamente il concetto in Selvatica (2023). Selvatica è un lavoro inedito, un’investigazione poetica della complessità naturale che documenta e incanta. Ad esempio, dopo il grande incendio nel Montiferru in Sardegna, l’artista ha fotografato in bianco e nero un paesaggio spettrale, cinereo, oscuro, mettendo poi in evidenza, con una colorazione manuale ad acquerello, la vita che rinasce, come i rari germogli che cercano di riaffacciarsi alla vita.

Quando, negli anni Settanta, il Gruppo Immagine dichiarava: “La mamma è uscita”, sorgeva la domanda: “Dove è andata?”. Oggi, in un salto quantico, pensando al lavoro di Ghizzoni, potremmo affermare:“La mamma è andata in Sicilia nel bosco di betulle, è andata nella Valle di Comacchio oppureè a Gaza -(dove l’artista ha effettivamente vissuto per anni). - E’ andata a specchiarsi negli animali, nell’acqua e nelle foglie, è andata a cercare se stessa tra macerie e germogli nella pluralità intelligente dell’esistenza”.

Il progetto curatoriale Inside-Outside si completa con la presentazione, in stand, di un corto dell’artista film-maker Sergio Racanati che intervista Mariuccia Secol, attivista e artista, autrice con Milli Gandini del volume “La mamma è uscita” (DeriveApprodi).

Il film è stato realizzato per l’occasione, per fornire al pubblico l’importantissima testimonianza storica di una delle protagoniste dell’arte femminista italiana.

 

 

 

Croste, bucce, mozziconi. Vita. Le ceramiche di Bertozzi&Casoni tornano a raccontare il lato oscuro del nostro mondo.

Il 27 di ottobre, alle 13:30, la home gallery di Maria Livia Brunelli, nella pro-pria sede ferrarese, ospita “Funambolismi”, imperdibile mostra che mette in scena un rapporto a tre fra altrettanti maestri del ventesimo e ventunesimo secolo. Le nature morte di Bertozzi&Casoni e di Daniel Spoerri dialogheranno con quelle Achille Funi, protagoniste della mostra “Achille Funi. Un maestro del Novecento tra storia e mito”, in corso contemporaneamenteal Palazzo dei Diamanti.
Il ventre di un melone, la buccia di un’anguria, piatti sporchi e abbandonati…ceramica, olio su tela, materia organica. Bertozzi&Casoni, Spoerri e Funi, ci descrivono in fondo gli stessi abbandoni, tramite stili diversi tipici di epoche diverse, e si danno reciprocamente forza per trasmettere allo spettatore il messaggio imperituro di un memento mori che oggi sembriamo tutti avere dimenticato.
L’esperienza del visitatore non si limiterà però alla visita alla home gallery… alle 15:30, infatti, un pullman, messo a disposizione dalla sponsor Mimma Della Valle, condurrà gli interessati a Imola, sede -tra Palazzo Tozzoni, Museo San Domenico e Rocca Sforzesca- di una tripla personale di Bertozzi&Casoni, i quali, dopo decenni di ricerca e attività, vengono riconosciuti e esaltati proprio nella loro città natale.
Il duo (che concettualmente e ufficialmente rimane tale, malgrado la scomparsa di Stefano Dal Monte Casoni, avvenuta nel maggio scorso), arrivato a esporre anche alla galleria Sperone Westwater di New York, sarà quindi il protagonista indiscusso di quella che più che una mostra è un’esperienza etica ed estetica,

Da ultimo, è dovere comunicare che presso la MLB gallery, il giorno dell’inaugurazione, gli ospiti potranno pranzare con la gallerista in ambito domestico/artisticoe aggiungere un ulteriore elemento sensoriale e conviviale alla visita.

Essendo la politica relazionale e comunicativa di Maria Livia Brunelli fondata sul dialogo, è il dialogo stesso il senso ultimo della proposta della gallerista. Un dialogo, che, tra passato e futuro, riveli allo spettatore ciò che l’arte può ancora fare per l’individuo per il mondo e e per la società.

QUALCOSA CI STA SOGNANDO

Un viaggio nella dark zone degli ultimi 100 anni

Body-Talk di Manuela Gandini

Venerdì 15 Dicembre alle 18.00

 

Venerdì 15 Dicembre alle 18.00 la MLB Gallery presenta QUALCOSA DI CI STA SOGNANDO, un talk performativo di Manuela Gandini. E’ un’immersione nell’arte e nella vita dell’Europa dal 1929 ad oggi. Si tratta di una lezione/azione concepita come un viaggio nel tempo tra i falsi dèi del Novecento, gli spettri del Nazismo e del Fascismo, la propaganda politica e le visioni surrealiste. Da un lato la magia nera del potere omologatore e totalitario,           dall’altro il misticismo visionario dell’arte, sino ad arrivare ai rituali moderni, all’abbattimento dei monumenti, e a una presunta, quanto improbabile, attuale “morte dell’arte” o “nascita” di una visione alternativa all’ antropocentrismo.

La MLB Gallery sarà una delle prestigiose tappe del tour QUALCOSA CI STA SOGNANDO che da mesi gira in gallerie, fondazioni, musei e festival italiani.

Monaco 1929, Eva Braun si spazzola i capelli sognando di diventare una diva o una grande fotografa.Intanto, a Parigi, Luis Buñuel, nel film “Un Chain Andalous”, affila un rasoio pronto a tagliare l’occhio di una donna aperto sul secolo breve. Il Novecento è una camera oscura dentro la quale sorgono le mura di Auschwitz, il fungo atomico, l’LSD, le solarizzazioni di Man Ray, il ‘68, la pecora Dolly, la morte dei Kennedy e la massificazione della Coca Cola e di Marilyn. Da un lato, i totalitarismi impongono ordine, propaganda, obbedienza, morte, alimentando la banalità del male. Dall’altro, una danza androgina, nei territori leggeri e densi del Surrealismo, tramuta la tragedia in arte con potenti rituali volti a celebrare la vita al di là del bene e del male. Il racconto dell’amore bruciante, tossico e morboso di Eva Braun per il Führer si vaporizza il giorno del loro suicidio quando l’inviata di guerra Lee Miller, ex compagna di Man Ray, entra nell’appartamento di Hitler con gli anfibi infangati dalla terra di Dachau. Il Talk QUALCOSA CI STA SOGNANDO prevede un’incursione nella dark zone della nostra storia attraverso gli occhi spenti di figure grigie come Joseph Goebbels con le sue strategie propagandistiche, e di vulcaniche artiste come Lee Miller, Maria Lai, Marina Abramovic, Alejandro Jodorowsky, Bo Zheng, GuyDebord, Romeo Castellucci, Michelangelo Pistoletto, Bartolina Xixa...

S’incroceranno parole, gesti e film, in un percorso rizomatico, imprevedibile e accidentato. Il tutto è concepito come una sorta di rito di purificazione. Ma la domanda incalza: ci siamo veramente liberati dai simboli più truci della storia?

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