Il potere curativo della vulnerabilità

Cristina Nuñez

a cura di Maria Livia Brunelli

Presentazione

Cristina Nuñez è riconosciuta a livello internazionale come la maggior esponente dell’autoritratto fotografico come terapia per indagare il proprio inconscio. Come lei stessa afferma, la sua missione è “convertire il dolore in arte”, in una sorta di alchimia moderna che attribuisce alla nostra vulnerabilità e fragilità un grande potere creativo e curativo.
Nel 1988, nel tentativo di superare i suoi problemi personali, la Nuñez iniziò a scattare autoritratti in privato. Dando forma alle sue emozioni più scomode, queste immagini diventarono una forma di autoterapia attraverso la quale imparò chi lei davvero fosse. In mostra alla MLB saranno esposti alcuni di questi autoritratti della serie Someone to Love (1988-2011): i momenti di profonda crisi, la sofferenza più intensa vengono superati dalla Nuñez grazie all’analisi di se stessa realizzata attraverso l’autoritratto, che permette una prima una fase di accettazione e poi una seconda fase di liberazione, tanto che alcuni di questi scatti sono seguiti da altri subito successivi in cui l’artista si mette a ballare, in una sorta di catarsi emotiva.
Dal 2005 Cristina Nuñez ha sperimentato questa modalità su altre persone: sono nati così i ritratti di Higher Self, di cui in mostra è presentata una selezione di intense opere realizzate con soggetti nudi, a sottolineare un desiderio di mettersi a nudo non solo interiore, ma anche esteriore.
Si tratta di autoritratti che le persone hanno prodotto durante i suoi workshop nelle accademie, nelle scuole, nelle carceri, nei centri di salute mentale e nelle aziende, svolti in uno studio allestito sul posto, invitando ciascuna persona a scattarsi autoritratti mentre esprime emozioni estreme. Racconta l’artista: “Invito la persona a interpretare in totale solitudine emozioni come rabbia, disperazione o terrore, che chiedo di raffigurare con la propria mimica facciale senza vedersi, scattandosi cinque autoscatti mentre ascolta come si sente in quel momento, in modo che l’emozione divenga reale. Quando ha finito, entro nello studio e la accompagno nel processo di percezione delle immagini, coinvolgendola nella scelta dell’opera finale. Le persone mettono il corpo nella massima tensione per spingere fuori tutta l’aria emozionale attraverso la bocca, fino all’ultima goccia. Dopodiché possono concentrarsi solamente sull’ascolto delle emozioni, dei pensieri e delle sensazioni fisiche che rimangono dopo lo svuotamento”.
Questa pratica è diventata dal 2005 un vero e proprio metodo, The Self-Portrait Experience (SPEX), a cui si sono sottoposte più di 3.800 persone fino ad oggi, di differenti nazionalità.

Le opere in mostra

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L'allestimento

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Invito vernissage

Nunez vulnerabilità fronte

video

Presentazione della mostra

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