Nata nel 1941 a Varese, Milli Gandini opera, dal 1968, come collaboratrice nello studio di industrial design del marito Innocente Gandini. Graphic designer, si occupa di pubblicità e progetta disegni e trame per tessuti d'arredamento. Nel 1972 illustra e pubblica, per la collana "Tantilibri" dell'editore Einaudi, diretta da Bruno Munari, Un libro da colorare. Nel solco di questa esperienza, fra il 1974 e il 1975 prende parte, con una serie di giochi in carta da lei ideati, a una trasmissione televisiva per bambini della Svizzera italiana.
Nel 1974 il Gruppo Femminista "Immagine" di Varese si costituisce su impulso di Milli Gandini e Mariuccia Secol, affiancate da Mirella Tognola, a seguito del loro incontro durante la mostra Operazione Arte Ambiente (settembre-ottobre 1973), organizzata a Galliate Lombardo dall'architetto Gian Paolo Manfredini, che coinvolge ottanta artisti, tra i quali Mariagrazia Sironi.
La pratica politica e artistica del movimento varesino si fondava sulla rivendicazione del salario al lavoro domestico e la richiesta di riconoscimento da parte dello Stato dell’enorme, incessante carico di lavoro femminile, invisibile e svalorizzato. La peculiarità della lotta decennale intrapresa dal gruppo - composto da Silvia Cibaldi, Milli Gandini, Clemen Parrocchetti, Mariuccia Secol, Mariagrazia Sironi - consiste nell’utilizzare le pratiche dell’arte, e non solo di autocoscienza e rivendicazione, per incidere politicamente a livello teorico ed espositivo, anche nelle maggiori sedi istituzionali europee.
Dal 1975 Milli Gandini inizia la serie di esposizioni dedicate al fortunato ciclo La mamma è uscita, che trova rapidi riscontri positivi sul territorio (febbraio 1976, Galleria "Cesare da Sesto", Sesto Calende; Luino, Palazzo Verbania).
Sono gli anni in cui decise di non spolverare più, non lavare i vetri, non pulire i pavimenti. Quando la casa fu sufficientemente sporca, tracciò il simbolo femminista sulla polvere e scrisse lo slogan “salario al lavoro domestico” su finestre, mobili e scaffali. Chiese a una compagna del gruppo di posare per una serie di scatti fotografici, trasformando la casa in un terreno di lotta femminista, in un manifesto, in un’opera. Poi prese le pentole nelle quali aveva cucinato fino ad allora e decise di chiuderle con il filo spinato, dopo averle dipinte con smalti multicolore.
Nel 1978 Silvia Cibaldi, Milli Gandini, Clemen Parrocchetti, Mariuccia Secol e Mariagrzia Sironi presenziano alla XXXVIII Biennale di Venezia (Dalla natura all'arte, dall'arte alla natura) con l'installazione dal titolo Dalla creatività femminile come maternità-natura al controllo (controruolo) della natura, allestita nella sezione denominata Spazio aperto, ubiacata presso i Magazzini del Sale alle Zattere; il gruppo invitò a esporre anche il Gruppo "Donne/Immagine/Creatività" di Napoli, composto da Valeria Dioguardi, Rosa Panaro, Bruna Sarno e Anna Trapani. E’ la prima volta che alla Biennale di Venezia venne presentato il lavoro di un gruppo femminista, nel giugno del 1978, alcuni mesi prima della partecipazione del gruppo di Mirella Bentivoglio, che vi espose nel settembre dello stesso anno: è quindi da sottolineare l'aspetto pionieristico del Gruppo Immagine di Varese.
Dopo un meditato allontanamento dalla militanza politica, di cui è testimonianza la serie di omaggi (1979) dedicati a celebri nudi dell'arte del passato, da Degas e Renoir a Barlach, negli anni Ottanta Milli Gandini ottiene i maggiori successi sia come artista - con opere innervate d'ironia e di un sottile erotismo, non privo di ascendenze femministe nel denunciare gli stereotipi di genere - sia come gallerista, a Milano, dove diviene una vivace protagonista della vita culturale e politica cittadina. Uno dei cicli più rappresentativi di questa fase è quello (1985) dedicato a una serie di personalità politiche e culturali che frequentano la casa dell'artista: da Enrico Baj ad Angelo Cortesi; da Gianni De Michelis a Francesco Forte e Gianni Sassi. In questo stesso decennio, è ideatrice di una periodica rassegna espositiva che trasforma la città monferrina in un luogo d'incontro e di scambio tra artisti di provenienze e tendenze diverse.
Nel 1989 inizia l'esperienza milanese di il primo spazio espositivo al mondo ad aprire, di notte, la Gallery Night, nell'area periferica di Viale Certosa, ospitando artisti della caratura di Andy Warhol e Robert Rauschenberg. Negli anni Duemila cura una serie di rassegne presso lo Spazio Anfossi di Milano, tra le quali si segnala la collettiva, con lavori di autori di fama internazionale come Keith Haring e Maurizio Cattelan. Si spegne a Castiglione Olona nel 2017.
Tra le esposizioni collettive postume si ricordano: Il soggetto imprevisto. 1978 Arte e femminismo in Italia, curata da Marco Scotini e Raffaella Perna ai Frigoriferi Milanesi nel 2019, dove Milli Gandini compare tra le figure eminenti dell’epoca, e, nel 2023, Cooking Cleaning Caring: Care Work in the Arts since 1960 al Josef Albers Museum di Bottrop. Nel 2024 presso lo stand della MLB Maria Livia Bruneli Gallery ad Arte Fiera a Bologna, l’artista ha vinto il Premio “The Collectors. Chain by Art Defender” assegnato da Walter Guadagnini, Donata Pizzi, Micaela Paparella e Massimo Prelz Oltramonti con la seguente motivazione: “Diverse sono le ragioni che hanno portato la giuria del Premio Collectors Chain by Art Defender a scegliere l’opera di Milli Gandini della serie “La mamma è uscita”. Anzitutto si tratta di un lavoro che unisce la natura documentaria della fotografia a quella più propriamente creativa: le sue opere sono testimonianze di azioni altrimenti destinate a perdersi, ma allo stesso tempo rivelano la performatività insita nell'operare dell’artista. Inoltre, le sue opere – presentate in forma di trittico, quindi con un andamento anche narrativo – segnano una tappa fondamentale dell’arte e della storia della seconda metà del Novecento, vale a dire l’utilizzo della fotografia come strumento di una battaglia, e di una presa di coscienza, che investe il ruolo della donna nella società, in una chiave esplicitamente femminista. Milli Gandini realizza infatti queste opere nel 1975 all’interno della Campagna per il Salario al lavoro domestico, unendo pratica politica e pratica artistica, all’interno di un percorso collettivo che con il Gruppo Femminista Immagine approderà nel 1978 anche alla Biennale veneziana. Queste opere, realizzate ormai quasi mezzo secolo fa, appartengono dunque alla nostra storia ma allo stesso tempo sono in grado, nella loro essenzialità e anche nella loro immediatezza, di parlare all’oggi: in questo senso incarnano bene i valori del Premio, sin dalla sua origine legato alla volontà di unire la riflessione sul passato, sulla natura dello strumento fotografico, all’apertura sul presente”.