Silvia Camporesi
a cura di Andrea Bergamaschi
a cura di Andrea Bergamaschi
...E se qualcuno avesse commissionato al pittore Giorgio De Chirico, negli anni '20/'30 del secolo scorso, non solo l'ennesima “Piazza d'Italia” ma addirittura la progettazione di un intero nuovo paese, basato sulle geometrie e sulle suggestioni dei suoi più famosi dipinti? ...e se de Chirico avesse accettato la sfida, realizzato i progetti e seguito i lavori come un vero architetto, che tipo di paese sarebbe sorto?
Da questo gioco del “...e se” nasce l'ultimo lavoro di Silvia Camporesi per la Galleria MLB di Ferrara, al quale l'artista forlivese ha voluto aggiungere un'ultima e ancor più intrigante domandasfida: immaginare che il borgo sia stato realizzato, inaugurato e vissuto per breve tempo, magari qualche anno, fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale il paese viene però abbandonato, gli abitanti si disperdono in altri paesi e in altre realtà, le case vengono chiuse e più nessuno ha interesse ad abitare quegli spazi e ad attraversarne le strade, tanto che del luogo se ne perde la memoria storica e geografica. L'artista si chiede quale potrebbe essere l'aspetto di questo paese a 70 anni dall'abbandono, quale la naturale metamorfosi dei suoi spazi e delle sue architetture così poco vissute, modificate e “aggiornate” dall'uomo, ma altrettanto consumate e rovinate dagli elementi e dalle stagioni.
Camporesi decide di riscoprire questa inedita eterotopia metafisica, questo luogo reale e al tempo stesso ideale, decide di visitarlo in una tiepida giornata nebbiosa e fuori dal tempo e perdersi per i suoi vicoli e le sue piazze chiuse, per documentarne lo stato attuale, cercando di recuperare fotograficamente lo spirito metafisico all'origine del progetto e le atmosfere che idealmente hanno accompagnato per breve tempo la quotidianità dei suoi pochi abitanti.
Per ottenere questo risultato, Silvia decide di percorrere due strade concettualmente opposte: la prima, già sperimentata nel suo lavoro del 2011, La Terza Venezia, è quella di ricorrere a modellini, questa volta in parte liberamente ispirati alle architetture apparse nei dipinti di De Chirico (templi e colonnati, archi a tutto sesto, torri) ed in parte riconducibili a certe reali soluzioni architettoniche e urbanistiche, tra l'altro sorprendentemente affini agli edifici dipinti dal pittore, adottate dall'ente preposto dal governo fascista di realizzare, nel meridione, diversi piccoli borghi di servizio durante gli ultimi anni del ventennio.
La seconda strada invece, ampiamente sviluppata nell'ultimo lavoro Atlas Italiae, consiste nel fotografare luoghi reali abbandonati, come appunto alcuni dei sopracitati borghi siciliani, in parte già inesorabilmente riassorbiti e nascosti dalla natura (il cosiddetto Terzo Paesaggio di Gilles Clément).
Chiudono il cerchio alcuni scatti realizzati a Tresigallo, piccolo e vivo borgo del ferrarese, anch'esso considerevolmente ampliato, secondo i canoni architettonici in voga negli anni '30 del '900, per volere del ministro fascista Edmondo Rossoni, che qui era nato nel 1884. Alcune foto della serie sono stampate in bianco e nero e colorate a mano, intervento che dona una nuova e inedita vita a luoghi morti, in cui le infinite sfumature degli intonaci ormai corrosi dall'umidità e ondeggianti come ventagli sulle lunghe pareti dei porticati vuoti si intrecciano ai colori tenui del cielo e della terra.
Mai come in questo lavoro però vale la pena di superare il facile gioco del realismo fittizio ( e del suo contrario), dell'ambiguità tra vero e finto, tra reale e immaginario e, accogliendo l'invito dello stesso De Chirico, di andare oltre la materialità delle cose, di guardare attraverso la fisicità delle architetture e degli spazi per percepirne la primigenia essenza ideale e abbandonarsi così all'epifania che giunge solamente a chi osserva “per la prima volta” i luoghi che lo circondano.
Finger Food a cura di Laura Saetti