11.10.2024 / 13.10.2024

Anna Di Prospero - Milli Gandini

In occasione del “Festival di Internazionale 2024”, alla MLB Gallery di Ferrara, con la collaborazione di Manuela Gandini, inaugura un progetto curatoriale inedito di riscoperta e rilettura del lavoro dell’artista storica Milli Gandini, tra le fondatrici del Gruppo Femminista Immagine di Varese nel 1974, a confronto con le opere dell’artista Anna Di Prospero. L’indagine domestica è al centro della riflessione di entrambe, in tempi e spazi diversi. Quella Casa, titolo della bi-personale, è l’involucro universale di sentimenti, violenze, gioco, rivoluzioni e relazioni. Ciascuna delle artiste, generazionalmente lontane, adopera i propri vissuti per specifici linguaggi artistico/identitari. Milli Gandini, negli anni Settanta, rivendica il salario al lavoro domestico e trasforma gli strumenti di sfruttamento delle mansioni femminili in opera. Organizza convegni, scrive documenti e dipinge le pentole nelle quali ha sempre cucinato prima di chiuderle con il filo spinato. Smette di preparare le pietanze anticipando Glovo e coltiva duchampianamente la polvere. Non pulisce casa per mesi e, quando l’appartamento è abbastanza sporco, fotografa una compagna di lotte che posa per una performance, senza pubblico, scrivendo su mobili, piatti e scaffali lo slogan “Salario al lavoro domestico” accanto al simbolo femminista. I messaggi sono generati dalla sofferenza inflitta da un patriarcato che si sta sgretolando. Con “Pensieri d’Agosto a Milano” (1985) - serie presentata per la prima volta in galleria - l’artista, fotografata da Carla Cerati, dichiara sfrontatamente la conquista della propria autonomia oltre le pareti domestiche. Se per Milli Gandini la macchina fotografica è un’arma per una rivoluzione linguistica, per Anna di Prospero, cinquant’anni più tardi, è uno strumento di rivelazione. Nello scorrere del quotidiano, la giovane artista, affrontando diverse serie tematico/esistenziali, fotografa ossessivamente soggetti rispettivamente legati a luoghi e persone: la casa, l’esterno, i famigliari, gli sconosciuti, i microcosmi e il Cosmo. In tutti questi casi, il suo obiettivo sottolinea il magico che si sprigiona dal dipanarsi delle ore, soprattutto notturne. Cosa avviene in Quella Casa? La serie fotografica Astray - quarto capitolo del progetto Beyond the Visible, in mostra in galleria - è un viaggio visivo ispirato a momenti di cambiamento e trasformazione, realizzato in una dimensione sospesa. Sono finestre su mondi interiori e apparentemente minori, dove realtà e immaginazione si uniscono. Si avverte però un’inquietudine di fondo tra gli arredi e i mobili scelti a puntino per una casetta modello. Ogni opera di Anna Di Prospero è una storia a sè che implica il perdersi per poi ritrovarsi. E’ un progetto di relazione con i mondi. Abbracciare l'ignoto e l'incertezza diventano passi cruciali per l’incessabile e avventurosa ricerca interiore che guida l’artista oltre il quotidiano.
In occasione del finissage della sua mostra, prorogata dopo la pausa estiva, sabato 21 settembre alle 17 verrà presentato alla MLB Gallery di Ferrara "Come addomesticare un umano", edito da Giunti. A conversare con l’autrice sul libro - un fenomeno editoriale tradotto in 14 lingue - sarà Valentina Lapierre, curatrice culturale e fondatrice della libreria “La Pazienza”. Il volume, impreziosito dalle illustrazioni di Andrea Ferolla e dalla prefazione di Daria Bignardi, è un vademecum felino, un diario di viaggio nel mondo degli umani scritto dal punto di vista di un gatto sapiente per istruire i suoi simili che aspirano a instaurare un rapporto con un appartenente alla famiglia delle grandi scimmie, condividendo casa ed esistenza. Babas svela tutti i segreti dell’arte millenaria con cui i gatti ci scelgono, ci conquistano e finiscono per addomesticarci, e offre al lettore un resoconto ironico e divertente, ma anche profondo e introspettivo, sulla relazione tra felini ed umani. “Noi sappiamo come trattare questi bipedi che, in realtà, sono piuttosto semplici da ammaestrare. Dormirgli addosso, costringendoli lungamente a posizioni scomode; condurli passo passo al mobile dei croccantini; svegliarli nel cuore della notte senza ragione apparente: dietro queste e altre azioni che potrebbero sembrare casuali si celano precise tecniche di domesticazione. E, se avrete la ventura di poter addomesticare il vostro esemplare fin da quando è un cucciolo, potrete guadagnarvi il migliore, più fedele compagno che si possa desiderare”. Un libro che nasce dal grande amore di Babas per i gatti: non poteva concludersi al meglio quindi la mostra, intitolata "Mille innamoramenti". Tra le opere esposte, un mandala scritto a mano riunisce più di “mille innamoramenti” dell’artista: tutte quelle persone, personaggi, libri, luoghi, animali, scrittori, canzoni che le hanno fatto battere il cuore. Un ricamo bianco su bianco evoca, come in un sussurro, una frase d’amore. I ritratti di famiglia hanno per protagonisti, a sorpresa, solo i bambini. Le ironiche medaglie al valore sono un necessario tributo per chi si è innamorato e ha sofferto, perché, dice Barbara, “le pene d’amore lasciano cicatrici che sono come decorazioni”, testimonianze di ferite a cui siamo sopravvissuti. È l’ironia ancora una volta a venirci in soccorso, insieme al grande stupore per la bellezza del creato, che in maniera surreale fa incontrare una donna e una giraffa davanti a un paesaggio da favola, e fa sentire loro che "Malgrado tutto, era un mondo meraviglioso". E poi ci sono i "Retablos", dove l’attenzione è portata su dettagli microscopici. Protagonisti e storie sono catturati dentro piccole scatole magiche che generano stupore: i diorami, ispirati agli altari domestici della tradizione messicana, sono come wunderkammer portatili. Attraverso scene tridimensionali raccontano eventi topici, incontri che cambiano la vita, personaggi e allegorie fermati in un istante e messi a fuoco dal titolo. Come nell’opera in mostra Amore a prima vista: il colpo di fulmine tra due creature così lontane tra loro - una zebra e un pinguino – che però riconoscono immediatamente la propria affinità.

Nata nel 1941 a Varese, Milli Gandini opera, dal 1968, come collaboratrice nello studio di industrial design del marito Innocente Gandini. Graphic designer, si occupa di pubblicità e progetta disegni e trame per tessuti d'arredamento. Nel 1972 illustra e pubblica, per la collana "Tantilibri" dell'editore Einaudi, diretta da Bruno Munari, Un libro da colorare. Nel solco di questa esperienza, fra il 1974 e il 1975 prende parte, con una serie di giochi in carta da lei ideati, a una trasmissione televisiva per bambini della Svizzera italiana.

Nel 1974 il Gruppo Femminista "Immagine" di Varese si costituisce su impulso di Milli Gandini e Mariuccia Secol, affiancate da Mirella Tognola, a seguito del loro incontro durante la mostra Operazione Arte Ambiente (settembre-ottobre 1973), organizzata a Galliate Lombardo dall'architetto Gian Paolo Manfredini, che coinvolge ottanta artisti, tra i quali Mariagrazia Sironi.

La pratica politica e artistica del movimento varesino si fondava sulla rivendicazione del salario al lavoro domestico e la richiesta di riconoscimento da parte dello Stato dell’enorme, incessante carico di lavoro femminile, invisibile e svalorizzato. La peculiarità della lotta decennale intrapresa dal gruppo - composto da Silvia Cibaldi, Milli Gandini, Clemen Parrocchetti, Mariuccia Secol, Mariagrazia Sironi - consiste nell’utilizzare le pratiche dell’arte, e non solo di autocoscienza e rivendicazione, per incidere politicamente a livello teorico ed espositivo, anche nelle maggiori sedi istituzionali europee.

Dal 1975 Milli Gandini inizia la serie di esposizioni dedicate al fortunato ciclo La mamma è uscita, che trova rapidi riscontri positivi sul territorio (febbraio 1976, Galleria "Cesare da Sesto", Sesto Calende; Luino, Palazzo Verbania).

Sono gli anni in cui decise di non spolverare più, non lavare i vetri, non pulire i pavimenti. Quando la casa fu sufficientemente sporca, tracciò il simbolo femminista sulla polvere e scrisse lo slogan “salario al lavoro domestico” su finestre, mobili e scaffali. Chiese a una compagna del gruppo di posare per una serie di scatti fotografici, trasformando la casa in un terreno di lotta femminista, in un manifesto, in un’opera. Poi prese le pentole nelle quali aveva cucinato fino ad allora e decise di chiuderle con il filo spinato, dopo averle dipinte con smalti multicolore.

Nel 1978 Silvia Cibaldi, Milli Gandini, Clemen Parrocchetti, Mariuccia Secol e Mariagrzia Sironi presenziano alla XXXVIII Biennale di Venezia (Dalla natura all'arte, dall'arte alla natura) con l'installazione dal titolo Dalla creatività femminile come maternità-natura al controllo (controruolo) della natura, allestita nella sezione denominata Spazio aperto, ubiacata presso i Magazzini del Sale alle Zattere; il gruppo invitò a esporre anche il Gruppo "Donne/Immagine/Creatività" di Napoli, composto da Valeria Dioguardi, Rosa Panaro, Bruna Sarno e Anna Trapani. E’ la prima volta che alla Biennale di Venezia venne presentato il lavoro di un gruppo femminista, nel giugno del 1978, alcuni mesi prima della partecipazione del gruppo di Mirella Bentivoglio, che vi espose nel settembre dello stesso anno:  è quindi da sottolineare l'aspetto pionieristico del Gruppo Immagine di Varese.

Dopo un meditato allontanamento dalla militanza politica, di cui è testimonianza la serie di omaggi (1979) dedicati a celebri nudi dell'arte del passato, da Degas e Renoir a Barlach, negli anni Ottanta Milli Gandini ottiene i maggiori successi sia come artista - con opere innervate d'ironia e di un sottile erotismo, non privo di ascendenze femministe nel denunciare gli stereotipi di genere - sia come gallerista, a Milano, dove diviene una vivace protagonista della vita culturale e politica cittadina. Uno dei cicli più rappresentativi di questa fase è quello (1985) dedicato a una serie di personalità politiche e culturali che frequentano la casa dell'artista: da Enrico Baj ad Angelo Cortesi; da Gianni De Michelis a Francesco Forte e Gianni Sassi. In questo stesso decennio, è ideatrice di una periodica rassegna espositiva che trasforma la città monferrina in un luogo d'incontro e di scambio tra artisti di provenienze e tendenze diverse.

Nel 1989 inizia l'esperienza milanese di il primo spazio espositivo al mondo ad aprire, di notte, la Gallery Night, nell'area periferica di Viale Certosa, ospitando artisti della caratura di Andy Warhol e Robert Rauschenberg. Negli anni Duemila cura una serie di rassegne presso lo Spazio Anfossi di Milano, tra le quali si segnala la collettiva, con lavori di autori di fama internazionale come Keith Haring e Maurizio Cattelan. Si spegne a Castiglione Olona nel 2017.

Tra le esposizioni collettive postume si ricordano: Il soggetto imprevisto. 1978 Arte e femminismo in Italia, curata da Marco Scotini e Raffaella Perna ai Frigoriferi Milanesi nel 2019, dove Milli Gandini compare tra le figure eminenti dell’epoca, e, nel 2023, Cooking Cleaning Caring: Care Work in the Arts since 1960 al Josef Albers Museum di Bottrop. Nel 2024 presso lo stand della MLB Maria Livia Bruneli Gallery ad Arte Fiera a Bologna, l’artista ha vinto il Premio “The Collectors. Chain by Art Defender” assegnato da Walter Guadagnini, Donata Pizzi, Micaela Paparella e Massimo Prelz Oltramonti con la seguente motivazione: “Diverse sono le ragioni che hanno portato la giuria del Premio Collectors Chain by Art Defender a scegliere l’opera di Milli Gandini della serie “La mamma è uscita”. Anzitutto si tratta di un lavoro che unisce la natura documentaria della fotografia a quella più propriamente creativa: le sue opere sono testimonianze di azioni altrimenti destinate a perdersi, ma allo stesso tempo rivelano la performatività insita nell'operare dell’artista. Inoltre, le sue opere – presentate in forma di trittico, quindi con un andamento anche narrativo – segnano una tappa fondamentale dell’arte e della storia della seconda metà del Novecento, vale a dire l’utilizzo della fotografia come strumento di una battaglia, e di una presa di coscienza, che investe il ruolo della donna nella società, in una chiave esplicitamente femminista. Milli Gandini realizza infatti queste opere nel 1975 all’interno della Campagna per il Salario al lavoro domestico, unendo pratica politica e pratica artistica, all’interno di un percorso collettivo che con il Gruppo Femminista Immagine approderà nel 1978 anche alla Biennale veneziana. Queste opere, realizzate ormai quasi mezzo secolo fa, appartengono dunque alla nostra storia ma allo stesso tempo sono in grado, nella loro essenzialità e anche nella loro immediatezza, di parlare all’oggi: in questo senso incarnano bene i valori del Premio, sin dalla sua origine legato alla volontà di unire la riflessione sul passato, sulla natura dello strumento fotografico, all’apertura sul presente”.

02.02.2024/04.02.2024

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